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La ridicola lite tra Srdjan Djokovic e il manager di Dimitrov
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Continua il putiferio e lo scambio di colpe dopo le positività al Coronavirus di diversi tennisti (tra cui Novak Djokovic e Grigor Dimitrov) impegnati all’Adria Tour, il torneo itinerante che prima del definitivo stop si era tenuto a Belgrado (Serbia) e Zara (Croazia). Invece di fare un mea culpa generale, accettare la situazione e provare ad uscirne al più presto, continua la ridicola lite tra Srdjan Djokovic (padre del n. 1 del mondo) e il manager di Dimitrov, Georgi Stoimenov.

Leggiamo insieme le dichiarazioni al veleno dei due, cercando di commentare la ridicola situazione che si è creata.

Difendere chi è indifendibile

Un genitore, si sa, farebbe di tutto per proteggere il proprio figlio. Deve aver pensato così il signor Sdrjan Djokovic, padre del campione serbo, a cui non sono andate giù le pesanti accuse mosse da tutto il mondo contro il figlio. Il signor Sdrjan, però, ha ancora una volta perso una buona occasione per starsene zitto, puntando il dito contro Grigor Dimitrov ed accusandolo di essere stato lui il veicolo del contagio.

Le sue parole ai media serbi:

Perché è successo? Perché probabilmente l’uomo è arrivato con un’infezione da chissà dove. Non si è sottoposto al test qui, l’ha fatto in qualche altro posto e penso che sia sbagliato. Ha inflitto enormi danni alla Croazia, alla nostra famiglia e anche alla Serbia”.

La reazione della signora Djokovic

La madre del campione serbo, più intelligentemente, intervenuta su alcuni giornali locali, ha aggiornato sulle condizioni di salute del figlio, senza dare colpe:

È terribile quello che stanno scrivendo su di lui. Per fortuna dal punto di vista fisico sta bene. È un ragazzo giovane e sano, quindi lo sopporta meglio

Accuse vergognose quelle mosse dal padre di Novak contro il primo contagiato, Grigor Dimitrov, che si è difeso tramite il proprio manager.

La risposta seccata di Georgi Stoimenov

Il manager di Dimitrov non ci sta, ma oltre a difendere il proprio assistito sferra un attacco frontale a tutti gli organizzatori del Tour, in particolare a Novak Djokovic:

Dopo tre mesi di isolamento, Grigor è andato direttamente a Belgrado. Né lì, né più tardi a Zara, gli è stato proposto o è stato costretto a fare il tampone.

Gli organizzatori dell’evento sono i soli responsabili del protocollo sanitario del torneo e delle regole da seguire. Grigor ha rigorosamente osservato tutte le norme da loro imposte e le leggi e i regolamenti esistenti”.

La più brutta conclusione di un torneo maledetto

Malgrado i fini filantropici e le attività benefiche sostenute da Djokovic in primis, l’Adria Tour può considerarsi a tutti gli effetti un torneo maledetto, con i sicuri contagi di molti protagonisti e probabili centinaia di positività tra il pubblico accorso e quello presente per gli eventi legati alla competizione (tra tutte la partita di calcio con i bambini e la serata in discoteca).

La cosa più brutta però, oltre alla follia di aver organizzato un torneo senza le misure di sicurezza atte a difendere dal rischio contagio, è la ridicola lite sorta all’indomani delle positività tra i tennisti, allo scopo di togliersi il peso della colpa del contagio.

Sembra assistere alla messa in scena di uno dei proverbi più famosi, il classico esempio di “bue che dice cornuto all’asino”, ognuno infatti cerca di difendere i propri interessi e non prende minimamente in considerazione l’idea che, in questi casi, il silenzio è l’unica via possibile per non continuare a fare brutte figure.

Probabilmente per il padre di Djokovic e il manager di Dimitrov questo ragionamento neanche esiste e continuano ad insultarsi e scambiarsi la colpa sui media locali.

I contagi però rimangono e la brutta figura mondiale anche, non il miglior modo per voltare pagina e per togliere di dosso ai propri cari la targa di “untore”.


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