Novak Djokovic si appresta a disputare l’ennesimo Wimbledon. Intanto, emerge un retroscena sulla semifinale persa al Roland Garros contro Sinner
Novak Djokovic ha deciso di non partecipare a nessun torneo su erba prima di Wimbledon. Non certo una novità per il campione serbo che ha optato per questa scelta anche nelle stagioni in cui tiranneggiava sui rivali.

Quello attuale non è più quel Djokovic. Eppure, quando si disputano gli Slam, lui che ne ha vinti ben 24 in carriera, non può non rientrare tra i favoriti. Situazione che si ripeterà anche a Wimbledon dove Nole ha disputato le ultime sei finali del torneo, vincendone quattro dal 2018 al 2022 per poi capitolare in quelle del 2023 e del 2024 contro Carlos Alcaraz.
Feeling con gli Slam che Djokovic ha confermato anche nella stagione in corso. In quelli disputati finora, il serbo è arrivato in semifinale sia all’Australian Open che al Roland Garros. A Melbourne si è dovuto ritirare contro Zverev per un infortunio muscolare, già accusato nel precedente match con Alcaraz. A Parigi, invece, è stato sconfitto in tre set da Jannik Sinner al termine di una partita in cui ha impegnato e non poco il numero uno del mondo, divenuto per lui ormai un baluardo invalicabile con 4 ko di fila.
E’ successo contro Sinner, il coach svela cosa è successo a Djokovic
Patrick Mouratoglou, coach tra i più apprezzati nel mondo del tennis ora nello staff di Naomi Osaka, ha analizzato la sfida tra Sinner e Djokovic al Roland Garros, evidenziando alcuni cambiamenti significativi nel gioco e soprattutto nella mentalità del serbo. “Ho avuto la sensazione che avesse accettato il dominio di Sinner – si legge nelle sue dichiarazioni riprese da Tennisworlditalia – Non ho visto il Djokovic che conosco e continuo a pensare che la sua motivazione non sia alta“, questa la prima puntualizzazione di Mouratoglou che ha poi articolato ulteriormente la sua analisi.

“Sorrideva alla partita, si stava godendo il momento. Questo non è Novak. Ora è felice che sia in una semifinale Slam a competere con questi ragazzi. Non è più una questione di vita e di morte“, ha proseguito il coach evidenziando come l’atteggiamento di Djokovic sia stato ben diverso in occasione della finale contro Alcaraz alle Olimpiadi di Parigi dove era in palio la medaglia d’oro, unico trofeo che mancava allo sterminato palmares.
“Era un toro che avrebbe fatto di tutto per vincere. In quel caso era una questione di vita o di morte. La motivazione che aveva prima nel dimostrare di essere il migliore del mondo quando i fan supportavano Federer e Nadal l’ha spinto davvero. Ora quella grinta l’ha persa perché diventato il più grande”, questa la conclusione di Mouratoglou. Dal 30 giugno, vedremo se Djokovic ritroverà grinta e motivazioni di un tempo in quello che, chissà, potrebbe anche essere il suo ultimo Wimbledon della carriera.