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Stefano Meloccaro: Tra Sogni di Giornalismo e Giocatori Simpatici – L’Intervista del Direttore Scanagatta

Stefano Meloccaro: Tra Sogni di Giornalismo e Giocatori Simpatici - L'Intervista del Direttore Scanagatta

Stefano Meloccaro: Tra Sogni di Giornalismo e Giocatori Simpatici - L'Intervista del Direttore Scanagatta

Una confessione in controluce, tra memoria e futuro: un giornalista che sognava davanti alla TV, un direttore che ha visto passare un’epoca, il tennis come lingua comune. Da qui nasce una conversazione che scava nei mestieri, negli idoli e in quei “giocatori simpatici” che cambiano la sostanza delle storie.

Stefano Meloccaro: Tra Sogni di Giornalismo e Giocatori Simpatici – L’Intervista del Direttore Scanagatta

“«Noi guardavamo la televisione e sognavamo di essere voi: Clerici, Scanagatta, Tommasi, **Lombardi»”, ha ammesso Stefano Meloccaro al direttore. Una frase semplice, vera. È la traiettoria di chi ha imparato il giornalismo sportivo stando in ascolto, prima che al microfono. Di chi riconosce un’eredità e prova a portarla avanti senza manierismi. In questa intervista con il direttore Ubaldo Scanagatta si avverte soprattutto questo: la cura per il dettaglio e per la persona, non solo per il risultato.

Da Clerici a oggi: una scuola

C’è una genealogia, in Italia, che il tennis ha insegnato con stile. Gianni Clerici, raffinato narratore del gioco, è nella International Tennis Hall of Fame come contributor (dato pubblico, consultabile sul sito ufficiale). Rino Tommasi ha trasformato numeri e tattica in lingua quotidiana, con un rigore che ha fatto scuola. Lo stesso Scanagatta, oggi direttore di Ubitennis, ha tenuto insieme cronaca e conversazione, il campo e lo spogliatoio, nei tornei che contano. È a quella televisione che Meloccaro guardava, mentre studiava come si costruisce una voce.

Il contesto aiuta. Il tennis italiano vive una stagione di spinta: la vittoria in Davis Cup 2023 e il titolo di Jannik Sinner all’Australian Open 2024 sono fatti verificabili, riportati dalle federazioni e dai principali media. Hanno allargato il pubblico, e reso più esigente la domanda di qualità. Qui la lezione dei maestri conta: poche parole, ma precise; opinioni, ma fondate; emozione, sì, ma senza rinunciare alla prova.

Meloccaro, in questo, ribadisce una regola antica: preparazione prima dell’improvvisazione. Dossier in ordine, contesto a fuoco, fonti incrociate. Se un dato non c’è, meglio dirlo. Nell’intervista non compaiono numeri di ascolto o retroscena verificabili su singoli match: è corretto segnalarlo, per trasparenza.

La regola dei “giocatori simpatici”

Il cuore della conversazione arriva a metà, quasi di colpo: i “giocatori simpatici” non sono una categoria di costume. Sono un criterio editoriale. Un atleta che accetta le domande dopo una sconfitta, che rispetta i tempi, che spiega il piano tattico con onestà, genera fiducia. E la fiducia è materia prima del racconto. Lo sanno i cronisti di spogliatoio e lo sanno gli spettatori. La differenza fra un’intervista viva e un compitino è spesso qui.

Esempi? Nel circuito ATP e WTA la disponibilità post-partita è regolata, ma il tono lo fa la persona. Capita che un top-20 si fermi oltre il tempo previsto per chiarire un dettaglio tecnico. Capita che una giovane qualificata preferisca una zona mista affollata per ringraziare il team. Sono episodi osservabili a ogni torneo, dai 250 agli Slam. Non è una statistica, è esperienza professionale condivisa da chi gira i campi tutto l’anno.

Meloccaro lo mette a fuoco con naturalezza: la televisione premia la competenza, ma si innamora della relazione. Il pubblico sente quando la domanda è sincera e quando è di rito. Sente quando il giornalista ha guardato il match, non solo il tabellino. Qui torna l’eco di Clerici e Tommasi: saper vedere prima di raccontare.

C’è anche un metodo. Tre cose pratiche, replicabili:

Il finale lo affida a una semplicità disarmante: i campioni passano, le storie restano se sono giuste. Con quali occhi vogliamo guardarle, domani? Con quelli del tifo o con quelli della cura? Forse la risposta sta in quell’attimo in cui un giocatore ti sorride e ti concede un minuto in più: lì, il tennis diventa parola e la parola responsabilità.

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