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L’inizio della fine di un’epoca irripetibile, che non tornerà più
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“Con l’addio di Roger se ne va anche una parte di me”. Le parole sono di Rafael Nadal, e non potrebbe essere altrimenti. La serata d’addio di Federer, nella cornice della O2 Arena di Londra, è anche la serata di addio ad una formula diventata leggenda, una ricetta diventata magia, la mitica “Fedal”.

E non è affatto un caso che – dopo Federer e il suo clan – il più commosso di tutti fosse proprio Rafa, l’alter ego di Roger. A detta di entrambi, i rivali per eccellenza, diventati con gli anni anche ottimi amici, tanto che lo svizzero ha già rivelato che manderà i suoi figli a studiare tennis, scuola e vita proprio alla Nadal Academy.


Leggi anche: Federer, l’ultimo giro di giostra si chiude con una sconfitta. Ma a vincere sono le emozioni


D’altronde, i due hanno segnato la storia del tennis. Quarantadue tornei del grande slam in due, quaranta incontri epici che hanno segnato un’epoca, di gran lunga i tennisti più amati degli ultimi vent’anni. Ciò che è andato in scena a Londra è una sorta di rituale religioso, un appuntamento unico. Il fatto che anche Rafa si sia ritirato e non disputerà i match in singolare, dimostra che anche lui era qui solo per prendere parte a questo momento quasi catartico.

E va fatto un grande plauso anche a Novak Djokovic. Il serbo – che dal punto di vista sportivo non ha nulla da invidiare ai suoi due rivali di sempre – ha ricoperto il ruolo di numero tre in una serata che non era la sua. L’ha fatto con classe, rispetto e partecipazione, non lasciando trasparire alcun momento di malcelato fastidio, cosa che sarebbe anche potuta succedere, visto che stiamo parlando di un numero uno assoluto.

Quella foto, quell’immagine, di tre uomini chiusi per un attimo nelle loro emozioni, è destinata a rimanere. E a segnare l’inizio della fine dell’epoca dei Big Three. Un’epoca che ha condizionato il tennis, l’ha plasmato, l’ha cambiato, l’ha portato in ogni angolo del mondo. Sessantatré, dicasi 63, tornei Major in tre, un dominio assoluto e incondizionato.

Un’eredità che sarà difficilissima da raccogliere. Carlos Alcaraz ha detto di recente che “i nuovi Big Three saremo io, Sinner e Zverev”. Ovviamente ce lo auguriamo per lui (e soprattutto per Jannik), ma sappiamo benissimo che sarà impossibile – al netto del numero della vittorie – ripetere l’epopea di Federer, Nadal e Djokovic, che hanno preso il tennis in un’epoca storica (non solo sportiva) e l’hanno portato nel futuro.

Vedremo quanto avranno ancora da dare Rafa e Nole. L’impressione è che il primo sia più pronto del secondo a maturare la “grande decisione”, ma parliamo comunque di due giocatori che quest’anno, non due o tre anni fa, quest’anno, hanno portato a casa tre Slam su quattro. Quel che è certo è che il conto alla rovescia è iniziato e la vittoria di Alcaraz a New York – nonostante l’assenza del serbo e le condizioni fisiche precarie del maiorchino – potrebbe essere l’inizio di un’accelerazione in tal senso. Vedremo.

Resta comunque il grande privilegio di aver potuto vivere, assistere – e per chi scrive, raccontare – una delle pagine di sport più pazzesche della storia. Una pagina che resterà indelebile, anche quando si chiuderà.


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