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La “giovane Italia” del tennis, i Big Three e la vita da coach: a tu per tu con Diego Nargiso
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Diego Nargiso, nato a Napoli il 15 marzo 1970, è un ex tennista che ha giocato fino all’inizio degli anni 2000. Nel corso della sua carriera ha raggiunto la posizione 67 (10 ottobre 1988) della classifica mondiale, consacrandosi come uno dei migliori esponenti italiani della sua epoca. Ora svolge le professioni di coach e commentatore televisivo ed è un grande appassionato anche di calcio.

Nargiso è intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni per fare il punto della situazione sui primi giorni di Roland Garros, per esprimere la propria opinione su alcuni azzurri e per parlare di tanti altri argomenti. Di seguito l’intervista.

Salve Diego, come sta? Come procede la sua carriera di coach?

“Bene grazie. La carriera procede abbastanza positivamente, sto allenando dei ragazzi interessanti, che mi danno soddisfazioni. Pian piano stanno facendo il loro percorso per cercare di arrivare più in alto possibile. L’obiettivo è quello di farli diventare sempre più forti, sfruttando le loro potenzialità”.

A ottobre tornerà il Challenger di Napoli. Sarà all’evento?

“Non lo so ancora, ma il circolo mi ha già informato. Ovviamente spero di riuscire, con qualche mio giocatore, a partecipare all’evento, cominciando dalle qualificazioni come già feci tempo fa con Mager. Se ci fosse questa possibilità mi recherei volentieri a Napoli, in caso contrario seguirò il torneo a distanza”.

A proposito di ragazzi… lei è ancora il più giovane tennista italiano della storia ad aver disputato un incontro del Grande Slam. Quanto è orgoglioso di questo record?

“Da una parte sono orgoglioso, dall’altra mi dispiace perché preferirei che qualche giovane azzurro riuscisse a batterlo. Anche se non è così semplice. Tuttavia, attualmente la precocità è un po’ meno importante rispetto alla longevità, qualità che stanno avendo i migliori giocatori, vedi Federer o altri. Oggi si arriva a giocare fino ai 40 anni”.

Qual è stata la soddisfazione più grossa della sua carriera?

“Sono ricordi un po’ datati, ma conservo con piacere tutte le partecipazioni con la Nazionale alle Olimpiadi e alla Coppa Davis. Sfogliando i ricordi, le soddisfazioni sono tante. Ognuna ha la sua importanza. Più piccolo sei meno te ne rendi conto, man mano che si cresce, invece, diventano mature queste cose. Credo che, a livello di prestigio, aver fatto i quarti al Masters 1000 di Miami sia il risultato più importante. L’idea di essere stato, in quel momento, uno dei migliori otto giocatori al Mondo è un bel riconoscimento. È stata una grande soddisfazione!”.

Per la coppa Davis ci sarà l’imbarazzo della scelta per capitan Volandri. Lei ha già in mente quale potrebbe essere la formazione azzurra?

“Sicuramente non si può rinunciare a Berrettini e Sinner. Anche Sonego secondo me è assolutamente un profilo da Davis, è impossibile che venga lasciato a casa. Il quarto giocatore uscirà tra chi starà facendo meglio in quel momento. Se dovessi fare io la formazione sceglierei Matteo, Jannik, Lorenzo e Fognini”.

Il bilancio dopo i primi verdetti del Roland Garros: cosa è successo a Thiem?

“È arrivato a Parigi con poca serenità e poche partite. Sinceramente non sono abbastanza dentro la sua sfera per capire a 360 gradi, però posso dire che ci sono dei problemi importanti. L’austriaco ha perso il polso della situazione dopo la consacrazione agli Us Open l’anno scorso. Successivamente, non ha più fatto risultati di livello, non mantenendo fede alla sua classifica e al suo status di top 3 o 4 del ranking. Per cui, deve andare a scavare dentro sé stesso per cercare di trovare una risposta a tutto ciò. Si sperava nel Roland Garros per una sua rinascita, perché sicuramente la terra poteva dargli quel qualcosa in più, ma non c’è riuscito neanche stavolta. C’è una piccola crisi che si apre”.

Mager, invece, ha ottenuto un’importante vittoria! Lei conosce molto bene Gianluca visto che l’ha rilanciato dopo un periodo buio. Dove pensa che possa arrivare in futuro?

“Gianluca è un giocatore che si può attestare intorno al numero 50 del mondo. Poi, sarà necessario giocare meglio sul veloce. La terra battuta, ormai, è riuscita a gestirla in modo buono, ha fatto grandi prestazioni. Il problema è che il 75% dei risultati importanti in Atp si fanno sui campi di cemento, sul veloce. Questo potrebbe essere un handicap per lui, perché Mager ama stare nella sua zona di confort. Bisogna, invece, che si migliori sul veloce per poter crescere ancora. Quindi, allenamento sul veloce, e pensare e muoversi più velocemente sarà l’obiettivo da perseguire nei prossimi anni”.

Berrettini e Sinner, quale cammino al Roland Garros?

“In ogni partita di un Grande Slam, soprattutto quando si gioca 3 set su 5 a Parigi, tutti vogliono giocare bene e vincere. I primi 2 o 3 turni saranno fondamentali per imboccare la via principale. Dalla seconda settimana in poi, si potrà dire di più. Coloro che vi accedono sono quelli che possono arrivare alle fasi finali. Quindi la cosa più importante sarà superare la prima settimana. Sinner e soprattutto Berrettini hanno dimostrato di poterci riuscire benissimo. Anche se Jannik è ancora giovane, credo sia difficile che possa arrivare fino in fondo in una competizione del genere. Per l’altoatesino è un’esperienza di crescita, che gli servirà ad imparare a giocare i 3 su 5, visto che ne ha fatti ancora pochi. Inoltre, capirà tante cose sulla gestione dei momenti della partita”.

Sconfitta a parte, Lorenzo Sonego non è troppo sottovalutato?

“Si, lo è. Lorenzo è un ragazzo molto combattivo, che di solito si esalta proprio in questo genere di manifestazioni. Come dicevo anche prima riguardo la Coppa Davis, è un combattente, nella distanza non fa fatica a giocare”.

Federer, Nadal e Djokovic per quanto combatteranno ancora?

“Questo lo sanno soltanto loro. Djokovic e Nadal sono ancora totalmente in controllo. Soprattutto Rafa sulla terra, come ha dimostrato recentemente. Novak è sempre lì. Per Roger, probabilmente, saranno gli ultimi anni, o quello corrente sarà addirittura l’ultimo. Penso che sia arrivato il momento di uscire di scena per Roger, magari regalandoci un coup de théâtre”.

NARGISO E IL CALCIO

Lei è un grande appassionato del calcio Napoli, che ne pensa della stagione degli azzurri?

“Credo che il Napoli quest’anno, se non avesse avuto tutti quegli infortuni, si sarebbe giocato fino alla fine la possibilità di vincere lo Scudetto”.

Le piace il nuovo allenatore Luciano Spalletti?

“Sono molto contento dell’arrivo di Spalletti, perché stimo tantissimo questo allenatore. Penso che sia un tecnico con le spalle larghe, che grazie alla sua dialettica ha la possibilità di competere con i nostri giornalisti e con il nostro ambiente. Inoltre, è l’allenatore che ha fatto più punti in Italia negli ultimi anni di Serie A e ha centrato 11 volte su 12 la qualificazione in Champions League. Questo la dice lunga su che allenatore ha preso il Napoli”.

Sulla questione del rinnovo di Insigne? Spalletti si farà sentire con la società?

“Assolutamente sì, secondo me il Napoli non può e non deve prescindere dal suo capitano e Spalletti credo che farà di tutto per far sì che Insigne rinnovi e finisca la carriera in azzurro. Lorenzo merita di finire la carriera a Napoli, magari con un grandissimo risultato a casa sua, dopo che per tanti anni ha tirato la carretta anche un po’ da solo o insieme ad altri pochi”.

Cosa vorrebbe dire al club azzurro?

“Io sono malato della nostra squadra e non posso fare altro che sperare che ci regali quello che aspettiamo da tanto tempo, cioè un nuovo Scudetto. Il titolo che manca dai tempi di Diego Armando Maradona. Sarebbe il terzo, tre è il numero perfetto (ride, ndr). Credo che ci siano tutti i presupposti visto il cammino degli ultimi tempi”.


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