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Alcune considerazioni sul ritiro di Musetti contro Djokovic
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L’abbiamo detto e ribadito in tutte le salse: la “straordinaria sconfitta” di Lorenzo Musetti contro Novak Djokovic ha consegnato, forse, al mondo del tennis un nuovo campione, facendolo conoscere alla grande massa degli appassionati. D’altronde, i primi due set vinti al tie-break contro il numero uno del mondo sono stati davvero eccezionali.

Poi è arrivato il crollo verticale, fisico prima ancora che tecnico, che alla lunga ha portato al ritiro del 19enne toscano nel quinto set, sul 4-0 Djokovic. Lorenzo a fine match l’ha spiegata così: “Non ne avevo più, avevo dolore alla schiena e principi di crampi, ho giocato per oltre due ore ad un livello che non è ancora nelle mie corde. Non riuscivo più a stare nello scambio, non aveva più senso continuare”.

Nessun infortunio, quindi, solo l’impossibilità di reggere fisicamente quei ritmi. Il ritiro, però, non è piaciuto a tutti. Alcuni osservatori hanno criticato la scelta di Musetti, tra questi Boris Becker, che ha parlato di “mancanza di rispetto”.

Cosa pensare? La prima impressione che viene in mente, in effetti, è questa: stai giocando contro il numero uno del mondo, l’ottavo di finale del tuo primo Slam, a meno che tu non riesca realmente a stare in piedi, porti a termine l’incontro, costi quel che costi, a prescindere dal risultato. Per rispetto verso il gioco, il pubblico, i tifosi e, non ultimo, il tuo avversario dall’altra parte della rete.

La questione per cui abbia voluto limitare il rischio di infortuni regge fino ad un certo punto. Aveva già perso il terzo e il quarto set 6-1 e 6-0, avrebbe perso anche il quinto 6-0, senza rischiare complicazioni dal punto di vista fisico. In sostanza sarebbe cambiato poco o niente, ma il messaggio del ritiro quando ti rendi conto che non c’è più niente da fare, sportivamente, dobbiamo dirlo, non è il massimo. Non ce ne vogliano Lorenzo (della cui buona fede non abbiamo alcun motivo di dubitare) e coach Tartarini.

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