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Una rivoluzione didattica dietro il boom del tennis italiano maschile
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Il tennis italiano (soprattutto quello maschile) viaggia a gonfie vele e sembrano ormai lontani i tempi in cui gli esponenti azzurri in grado di far sognare il Paese erano veramente pochi. Una soddisfazione unica ed incredibile per tutti gli appassionati, ma anche per coloro che hanno costruito questo successo.

Come è stata possibile tale crescita esponenziale del movimento nostrano? Lo spiega in parte Michelangelo Dell’Edera in un’intervista riportata nell’articolo “Così il tennis italiano ha rivoluzionato la sua didattica”, pubblicato sul sito della FIT. Andiamo a vedere di che si tratta.

RIVOLUZIONE DIDATTICA

La rivoluzione è avvenuta, innanzitutto, grazie alla lungimiranza della Federazione Italiana Tennis e del suo Istituto Superiore di Formazione Roberto Lombardi, che hanno apportato diversi cambiamenti per quanto riguarda il processo di insegnamento e di apprendimento del gioco del tennis.

Michelangelo Dell’Edera, direttore dell’ISF, afferma a tal proposito:

“A noi piace parlare di fasi didattiche perché il processo di acquisizione di competenze e di abilità nell’essere umano non si ferma mai. Nella vita è proprio così e perché mai non dovrebbe esserlo anche nel tennis? C’è un processo d’apprendimento per chi vuole diventare un insegnante di tennis, che va da istruttore a tecnico nazionale passando per vari gradi, e allo stesso modo c’è un processo per chi vuole diventare un tennista”.

Dunque, si parla di una sorta di percorso scolastico:

“Potremmo dire, semplificando un po’, che queste fasi stanno all’allievo tennista come le varie classi stanno a un bambino che va a scuola. In principio abbiamo il minitennis, le scuole elementari; successivamente si passa alle medie, la fase di perfezionamento. Poi, chi vuole proseguire passa per il liceo, la specializzazione, e infine frequenta l’università, vale a dire l’alto livello”.

OGNI FASE HA DEGLI OBIETTIVI: IL PERCORSO

“Si tratta del processo che regola le varie fasi di crescita, praticamente dai cinque anni e potenzialmente fino ai 40”, spiega Dell’Edera, andando poi a illustrare nel dettaglio:

Fase 1 – “Per quanto riguarda il mini-tennis, ciò che ricerchiamo è, attraverso l’utilizzo di tecniche e attrezzatura adatta alla fascia d’età, lo sviluppo delle abilità coordinative”.

Fase 2 – “Poi bisogna concentrarsi sull’apprendimento dei movimenti volontari, ma solo quando si è un po’ più grandicelli: e questo è lo scopo della fase di perfezionamento”.

Fase 3 – “Nella terza fase, quella della specializzazione, è già l’ora di concentrarsi sugli automatismi, perché il tennis di alto livello richiede prontezza e velocità. Se un gesto è ‘automatico’, allora è veloce; se richiede troppo impegno cognitivo diventa lento”.

Quindi, nell’ultimo step si punta a migliorare la prestazione. A questo punto, per la prima volta durante il cammino, viene riservato un occhio di riguardo al risultato ottenuto in campo:

Fase 4 – “Qui è stata la vera rivoluzione. Una volta si premiava la vittoria, subito, fin dalla più tenera età. Adesso no, perché per vincere da ragazzini basta non sbagliare. Invece per vincere da grandi devi aver imparato a fare un sacco di cose quando eri piccolo. La vittoria inseguita a ogni costo in tenera età non è funzionale al processo di lungo termine, se ricercata a tutti i costi e in modo non corretto. Per noi dell’Istituto questo è sempre stato un valore fondante, tanto che anche il Settore Tecnico under ha cambiato strategia negli anni: supporto e contributi prima andavano a chi vinceva, adesso invece vanno a chi dimostra di avere le abilità. Perché non c’è solo un’area di abilità nello sport, e nel tennis a maggior ragione. Bisogna essere abili a livello tecnico, ma anche a livello tattico, fisico e mentale”.

Il cambio di mentalità sta tutto qui:

“In passato i tecnici federali andavano a monitorare l’attività dei ragazzini dai quarti di finale o dalle semifinali di un torneo in poi, oggi invece lo fanno dal primo giorno delle qualificazioni. Perché può esserci un ragazzino interessante, con molte abilità da sviluppare, che oggi perde per i più disparati motivi. Ma noi dobbiamo avere un quadro completo, generale della situazione”.

Una ricetta semplice che, però, richiede anche molto impegno e sacrificio. E dire che questo è soltanto uno dei tanti tasselli che hanno reso possibile il favoloso sogno dell’Italtennis dei giorni nostri.

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