In una recentissima intervista con Repubblica, di cui vi riportiamo un breve estratto, Jannik Sinner si è raccontato prima dell’inizio del torneo croato di Umago. L’altoatesino ha rivelato come si sente dopo le sconfitte, i lati da migliorare nel proprio gioco e i prossimi impegni in campo.
A tutto Sinner
Sinner, dopo il breve riposo per il problema alla caviglia rimediato a Wimbledon, giocherà da seconda testa di serie l’Atp250 di Umago, in Croazia. Al termine del proprio allenamento sul Goran Ivanisevic Stadion, l’azzurro ha rilasciato una bella intervista a Repubblica.
Sinner, rieccoci. Ha dormito dopo la sconfitta contro Djokovic?
“Quando perdo, non dormo”.
Anche a Londra?
“Sì. Subito dopo la partita, ho rivisto gli highlights. Voglio imparare immediatamente dopo le sconfitte. Da Wimbledon mi porto tante cose positive: ho fatto esperienza sull’erba e contro Nole al Centrale, ho battuto diversi tipi di tennisti. Ma potevo fare meglio certe cose…”.
Per esempio?
“Spingere un po’ di più nel terzo e quarto set, a scapito di più errori. Far sentire a Djokovic il mio ritmo. Ma allora lui ha iniziato a giocare bene. Nel quinto set, era tardi: dall’altra parte c’era un mostro”.
Dopo Umago, lei giocherà a Montreal, Cincinnati e poi gli US Open, l’unico slam dove non è arrivato almeno ai quarti. Ci fa un pensierino alla vittoria, dopo Wimbledon? Del resto, mancherà “Novax” Djokovic e Nadal e Federer hanno problemi fisici.
“Vediamo. Gioco bene su ogni superficie, passo ore e ore a migliorarmi sempre di più, anche perché con Simone abbiamo fatto tanti cambiamenti. Ci vuole tempo. Certo, il miglior tennis lo gioco sul cemento”.
Cosa deve migliorare?
“Sto lavorando tanto sul servizio. Variare di più la palla. Andare più a rete. Essere ancora più aggressivi. Poi magari perdi la partita perché sbagli una volée del cavolo. Ma ora questa è la filosofia: vedremo se pagherà“.
La famiglia quanto la sostiene?
“Senza di loro, tutto questo sarebbe stato impossibile. Siamo una famiglia normale, e mi hanno insegnato a essere un ragazzo normale. Fuori dal campo, non faccio niente”.
Niente?
“Nel senso che sono un ragazzo tranquillo. Mi piace andare ai go-kart, fare un barbecue, stare con gli amici”.
Niente pub o discoteca?
“No, non ci sono mai entrato. Non sono il tipo. La famiglia mi ha insegnato a essere prima una brava persona e poi un ottimo professionista”.
Il suo storico allenatore Riccardo Piatti l’ha lanciata, poi le vostre strade si sono divise. Ora lei è allenato da Simone Vagnozzi e dal demiurgo australiano di numeri 1, Darren Cahill. Cosa è cambiato?
“Non voglio fare paragoni tra Riccardo, Cahill e Simone. Ognuno ha la sua testa e personalità. Con Simone e Cahill mi trovo benissimo”.
Cosa le hanno dato in più?
“Simone è molto bravo a livello tecnico e tattico. Cahill ha tanta esperienza, lo ha dimostrato con gente come Agassi, ma anche con Halep, con ognuno trova il modo giusto. Cahill conosce bene il tennis e l’erba, è molto bravo a motivarti prima della partita. Magari ti dà quel 0,05% in più prima di scendere in campo: ma anche questo può essere decisivo”.
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