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Djokovic-Australian Open, dopo i segnali di speranza cala di nuovo il gelo
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Ci sono da registrare nuovi segnali di gelo riguardo la presenza di Novak Djokovic al prossimo Australian Open. L’ex ministro del turismo, Dan Tehan, ha infatti rivelato che l’accettazione del serbo minerebbe la credibilità di tutto il sistema d’immigrazione del paese.

La creazione di un precedente

Lo scorso gennaio, come tutti sanno, Djokovic non ha potuto prendere parte all’Australian Open perché non vaccinato. Il serbo, inoltre, ha ricevuto la cancellazione del proprio visto e il successivo bando di tre anni dalla nazione.

Nonostante non ci sia più l’obbligo di vaccinazione per gli stranieri che vogliono entrare in Australia, Nole non potrebbe comunque tentare di partecipare al prossimo Happy Slam. Nelle ultime settimane, però, tra cambi di governo e voci di addetti ai lavori, in molti si stanno convincendo che il numero 7 del mondo possa prendere parte al primo slam del 2023.

A spegnere gli entusiasmi, in una recente intervista, ci ha pensato l’ex ministro del turismo Tehan, che ha sottolineato le criticità della cancellazione del ban per il 21 volte campione slam.

Come amante del tennis vorrei vederlo giocare ovviamente. La cosa più importante, però, è mantenere l’integrità del nostro sistema di immigrazione. Le regole per entrare in Australia sono cambiate, non si deve essere più vaccinati. Se decidono che può entrare, dovranno fare i conti con l’integrità del nostro sistema di immigrazione perché ha ricevuto un divieto di ingresso per i prossimi tre anni”.

A fare eco alle sue parole, quelle di Ken Andrews, ministro degli affari pubblici.

Per quale motivo dovremmo permettere a Djokovic di entrare nel nostro paese senza un visto? Solo perché è un giocatore di alta classifica con molti milioni di dollari alle spalle? Non possiamo avere una regola per lui e una diversa per tutte le altre persone”.

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