“Vorrei essere accarezzato da una volée di McEnroe”: Gianni Clerici, il più grande

Da giovanissimo giornalista seguivo un po’ di tutto, mi capitò anche il mio amato tennis, era il 1987, al Foro Italico vinse Mats Wilander.

Naturalmente al centrale c’era anche Gianni Clerici, e con un po’ di emozione gli chiesi non perché lo svedese avesse battuto in finale l’argentino Jaite (chi se lo ricorda) ma come avesse fatto a battere in semifinale un Dio dei tennis come John McEnroe.

Clerici sorridendo mi spiegò che Mats in quel momento era fortissimo e come per riparare a questa ovvietà mi disse una frase indimenticabile che poi scrisse sul giornale: «Se io fossi gay mi piacerebbe essere accarezzato da una volée di McEnroe».

Ecco, solo Gianni Clerici poteva dire una cosa del genere (ce ne sono centomila di questo tipo), solo lui era capace di condurre una disamina tecnica sull’impugnatura di Pete Sampras infilandoci Flaubert.

Solo lo “Scriba” vedeva l’Arte in un servizio a uscire, lui che aveva giocato persino a Wimbledon («la San Pietro del tennis») in un’epoca in cui il tennis era sinonimo di classe, bellezza, stile.

Ma non fu mai un conservatore, Clerici. Capì e spiegò l’evoluzione del tennis come nessuno mai. Comprese la svolta di Borg con la sua forza, si esaltò per i tre grandi dei nostri anni, con una punta di trasporto quasi mistico per Roger Federer.

Peccato non aver potuto leggere il suo pezzo sul monumentale Nadal del Roland Garros: forse avrebbe citato Ulisse. Gianni Clerici ė stato con l’amico Gianni Brera il più grande giornalista sportivo, e lo resterà sempre.

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