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Berrettini durissimo con se stesso: “Forse la peggior partita della mia carriera”
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Non è iniziato con il piede giusto per Matteo Berrettini lo swing sul cemento americano che porta dritto agli US Open. Come vi abbiamo raccontato, all’esordio in Rogers Cup il ventiseienne romano è stato sconfitto in due set dallo spagnolo Pablo Carreno-Busta, offrendo una prestazione molto al di sotto delle aspettative.

“Forse la peggior partita della mia carriera”, l’ha definita Berrettini ai microfoni di Ubitennis. L’azzurro ha poi continuato: “Ci sono giornate buone e giornate meno buone, oggi davvero è stata una giornata pessima. Problemi? Nessuno in particolare, semplicemente non ho trovato alcun aspetto del mio gioco a cui potermi affidare”. 

La sconfitta in ottica Race to Turin

La battuta d’arresto in quel di Montreal rappresenta uno smacco importante anche in ottica Race to Turin, graduatoria riguardante i punti accumulati nell’anno solare, che stabilisce quali saranno gli otto tennisti che si sfideranno alle Atp Finals.

In questa particolare classifica, al momento, Berrettini è al dodicesimo posto, con 1855 pt, ma potrebbe essere scavalcato da Jannik Sinner se l’altoatesino riuscisse a centrare i quarti di finale. E le brutte notizie per il romano non sono finite qui: superando il primo turno del torneo, infatti, Hurkacz e Fritz hanno entrambi ampliato il proprio vantaggio sul tennista nostrano.

Tuttavia, mancano ancora diversi mesi e nulla è perduto.

Riposo e poi testa a Cincinnati

“Sto vivendo un anno complicato, ho dovuto affrontare molte situazioni e anche se, in effetti, ho giocato molto poco, ho speso tante energie nervose: oggi mi sentivo davvero stanco. Ho bisogno sicuramente di uno-due giorni di riposo, poi capiremo con il mio team se rimanere qui o andare subito a Cincinnati”.

Riposo e poi testa a Cincinnati, perché in questa stagione contrassegnata da gioie e dolori, Berrettini ha già dimostrato più volte di saper risorgere dalle proprie ceneri. Il sogno è sempre vivo, Matteo ha solo bisogno di ritrovare la sua straordinaria normalità.

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