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Tennis e salute mentale, McEnroe e lo spettro di Wimbledon. Quarant’anni dopo
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Sempre più spesso si parla di tennis e salute mentale. Dopo i problemi espressi da Naomi Osaka nell’edizione 2021 del Roland Garros, diversi altri giocatori hanno espresso i propri malesseri (Benoit Paire e Nick Kyrgios per citare protagonisti del circuito maschile). Diverse anche le leggende che hanno affrontato l’argomento, l’ultimo John McEnroe.

La pressione insostenibile

McEnroe è sicuramente uno dei tennisti che più ha fatto la storia del nostro sport. Storiche le rivalità con Jimmy Connors e Bjorn Borg negli anni ’80, quando il tennis era arte e intrattenimento mondiale.

In una recente intervista, l’ex numero 1 del mondo e sette volte campione slam, ha voluto raccontare della difficoltà nel sopportare le pressioni del campo.

Bella e difficile domanda a cui rispondere. Alcune volte sentivo dentro di me la sensazione che non mi è piaciuto aver vinto Wimbledon. Non ci vorrei più tornare, non riesco a reggere la pressione. È stato troppo per me e sto parlando di un qualcosa che è successo 40 anni fa. Considerando la tecnologia di adesso, è ancora più difficile. I social media rendono spesso le gesta immortali, in più girano più soldi e le aspettative sono enormi.

Quando provi a dare il massimo in uno sport, è difficile fare sempre la cosa giusta. Sei sempre visto come la persona migliore di tutti e non puoi mai sbagliare. Io mi sono sentito in difficoltà dopo il 1984. Fuori dal campo mi sentivo felice, ma appena entravo non era mai facile, non ero a mio agio”.

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