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Alcaraz, dal rapporto con Sinner alle emozioni slam: parla il nuovo numero 1 del mondo
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Carlos Alcaraz è sicuramente il nome sulla bocca di tutti. Lo spagnolo, a poco più di 19 anni, è diventato il più giovane numero 1 della storia. In una bella intervista con il Corriere della Sera, Carlitos ha parlato delle emozioni vissute durante lo US Open e del suo rapporto con Jannik Sinner.

Il futuro è già adesso

Alcaraz ha giocato uno US Open semplicemente perfetto, tanto a livello di tennis quanto di testa. Lo spagnolo è riuscito a sopravvivere a tre partite consecutive al quinto set (contro Marin Cilic, Sinner e Frances Tiafoe) e in finale ha sconfitto Casper Ruud e la pressione di giocarsi la vetta Atp.

In una recente intervista con il Corriere della Sera ha ripercorso le prime fasi della carriera e parlato del rapporto con il nostro Jannik.

È stato un quarto di finale durissimo, non so davvero come ho fatto a giocare con quell’intensità. Il match point annullato è stato il giro di boa: credo di essermi spinto dove non ero mai arrivato, Jannik mi motiva e credo di fare lo stesso effetto a lui: è una bella e utile rivalità.

Il suo spagnolo è così così, il mio inglese mediocre, ma ci capiamo al volo. Jannik è sempre amichevole, si interessa: ‘Come stai? Come sta la tua famiglia?’ Come giocatore è sotto gli occhi di tutti: ha già battuto dei top10, ha una palla pesantissima, ma è la persona, prima del tennista, ad avermi colpito.

Vittoria a New York? Onestamente, quando ho aperto gli occhi, non ci credevo. Continuo a sentirmi una persona normale anche se è tutto incredibile: mai avrei pensato di ottenere così tanto ad appena 19 anni. Prendiamocela con calma, mi aveva detto il mio coach Juan Carlos Ferrero, divertiamoci…

Senza sorriso, non riuscirei a giocare. Mi viene spontaneo, sono fatto così. A Montreal, all’inizio di agosto, quando ho perso subito da Tommy Paul per non aver saputo gestire la pressione, il sorriso l’avevo un po’ perso. Mi sono impegnato per recuperare gioia, me la sono portata dietro a New York. Qualche mio collega sembra che in campo sia triste, non si diverta. Non io.

Passione per il tennis? Io sono ancora il bambino di Murcia che a dieci anni sognava di diventare professionista. Ho chiesto la prima racchetta a Babbo Natale: questa storia è cominciata così. A 14-15 anni, quando già mi allenavo a Villena, all’accademia di Ferrero, non avevo certezza del futuro ma sapevo che avrei dato tutto perché il tennis fosse il mio mestiere”.

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