Doping, Halep accusa: “ITIA in malafede, vi spiego perché”
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Nel mondo del tennis continua a far discutere il tema del doping. Stavolta, le luci dei riflettori sono puntati sulla numero 2 del ranking Wta, Iga Swiatek, trovata positiva alla trimetazidina durante un controllo effettuato in estate. La polacca – il cui caso è emerso nella giornata di ieri – è stata sospesa per un solo mese, poiché è riuscita a dimostrare all’ITIA – International Tennis Integrity Agency – che la sua colpevolezza rientra “nei livelli più bassi della scala” (qui tutti i dettagli).

Tale verdetto tuttavia ha fatto storcere il naso a parecchi, tra cui Simona Halep. La campionessa di Wimbledon 2019, recentemente tornata in campo dopo una squalifica di nove mesi, si è resa protagonista di un duro sfogo tramite il proprio account Instagram, nel corso del quale ha denunciato una presunta disparità di trattamento.

Il duro sfogo di Simona Halep sui social

Doping, Halep condannata: la difesa di Mouratoglou
Foto Wta Tennis

“Sto seduta e cerco di capire, ma mi è davvero impossibile capire una cosa del genere. Mi alzo e mi chiedo, perché c’è stata una tale differenza di trattamento e giudizio? Non trovo nessuna risposta e non credo ci possa essere una risposta logica”, ha scritto la rumena. Poi è passata ad un attacco molto più veemente: “Non può che essere malafede di ITIA, l’organizzazione che ha fatto assolutamente di tutto per distruggermi, nonostante le prove. Volevano davvero distruggere gli ultimi anni della mia carriera, volevano qualcosa che non avrei mai immaginato”.

“Ho sempre creduto nel bene, ho sempre creduto nella correttezza di questo sport, ho sempre creduto nella bontà. È stato doloroso, è doloroso e forse l’ingiustizia che mi è stata fatta sarà dolorosa per sempre. Com’è possibile che in casi identici avvenuti all’incirca nello stesso periodo ITIA abbia approcci completamente diversi a mio danno. Come posso accettare che la WTA e il consiglio dei giocatori non volessero restituirmi la classifica che meritavo? Ho perso due anni di carriera, ho speso molte notti in cui non riuscivo a dormire, pensieri, ansia, domande senza risposte… ma ho vinto con la giustizia. Si è scoperto che era una contaminazione e che il passaporto biologico era una pura invenzione. E ho vinto qualcos’altro, la mia anima è rimasta pulita!”, ha continuato Halep.

Infine, ha concluso il suo sfogo scrivendo: “Mi sento delusa, mi sento arrabbiata, mi sento frustrata, ma non mi sento cattiva, nemmeno adesso. Sono grata per il sostegno e l’amore incondizionato di chi è stato al mio fianco ogni giorno. Grazie! Tra tutte le cattiverie, ho ricevuto anche amore perché chi mi ha offerto amore in quei momenti è perché mi conosceva per davvero. Forse questa è la vittoria più grande. Come sappiamo bene che ogni mattina il sole sorge per tutti, ma è bene risvegliarsi con un anima candida, impeccabile. E io sono così: orgogliosa di ciò che sono”.

Ad onor del vero, c’è da sottolineare che tra i casi di Halep e Swiatek (e anche quello di Sinner) esiste una differenza sostanziale: la rumena, infatti, è stata sospesa per “incauto utilizzo di un integratore contaminato”, avendo affidato alla sua fisioterapista il compito di curare l’aspetto nutrizionale e di verificare la rispondenza o meno degli integratori assunti alla normativa antidoping, consapevole che la stessa non avesse le necessarie competenze non essendo né un nutrizionista sportivo né tantomeno un clinico (e pur avendo i mezzi economici per affrontare l’inserimento nel proprio team di un professionista competente). Concetto che si traduce molto più semplicemente nella famosa negligenza di cui oggi tanto si sente parlare.

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