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7 luglio 2013, la fine della maledizione
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Dopo Fred Perry, vincitore di tre prove dello slam a Wimbledon (1934/35/36), la Gran Bretagna non aveva più avuto tennisti in grado di imporsi davanti la regina.

Andy Murray era tra i primi 4 al mondo già da diversi anni, ma falliva costantemente l’appuntamento sull’erba londinese. Non riusciva ad imporre il suo gioco, tanto efficace in quegli anni.

La pressione, si sa, alle volte gioca brutti scherzi.

Dal 2009 al 2012 Andy arriva sempre in fondo al torneo, sfiorando la vittoria nella finale del 2012, quella persa contro Roger Federer dopo aver vinto il primo set.

La Gran Bretagna dopo tanti anni ha finalmente un giocatore in grado di poter vincere il torneo, ma gli avversari sono sempre troppo forti.

La vittoria di Fred Perry sembra sempre più lontana.

Qualcosa, però, cambia nel 2013. Murray si presenta in condizioni fisiche precarie, ha dovuto saltare gran parte della stagione sulla terra rossa. Ha vinto il Queen’s, ma non sembra possa partire tra i favoriti, malgrado sia la seconda testa di serie del torneo.

I primi 4 turni vanno via abbastanza facilmente: eliminati Becker (64 63 62), Lu (63 63 75), Robredo (62 64 75) e Youzhny(64 76 61).

Ai quarti sembrano tornare i fantasmi di Fred Perry e la vittoria che non arriverà mai. Fernando Verdasco va avanti 2 set a 0 contro l’idolo di casa. Da lì in poi qualcosa cambia.

Perderà solamente un altro set fino alla fine del torneo, rimontando prima Verdasco (46 36 61 64 75), poi Janowicz (67 64 64 63) e distruggendo in finale Novak Djokovic (64 75 64).

Andy Murray, alla fine della partita, scoppia in un pianto liberatorio e con lui tutti i tifosi britannici.

Finalmente sono di nuovo campioni di Wimbledon, finalmente Sir Andy ha preso il posto di Fred Perry.

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