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Flavia Pennetta a tutto campo: ecco il vero motivo per cui ho smesso (le malelingue si sbagliano)
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Intervistata dalla Gazzetta del Mezzogiorno, Flavia Pennetta ha dichiarato: “Non tornerò all’agonismo”. L’ex giocatrice pugliese si racconta, dalla vita in famiglia con Fabio Fognini alle difficoltà che deve affrontare un tennista professionista.

L’intervista

Le domande non potevano non riguardare la vita famigliare con Fognini e il paragone tra vita sportiva e vita da mamma a tempo pieno.

Pesa più un pannolino o una racchetta negli allenamenti per i Tornei del Grande Slam? Né i pannolini né l’agonismo li vivo come pesi. Si tratta di impegni differenti. Ambedue mi hanno dato un appagamento straordinario. Per cui non rimpiango assolutamente l’impegno sportivo, né oggi la dedizione che richiede la maternità. Ciò che si riceve non ha prezzo. Tra sport e figli faccio una differenza sostanziale: nel tennis sei concentrato completamente su te stesso, ottica quasi autoreferenziale.

Nel ruolo di moglie e di mamma sei proiettata verso gli altri, verso il bene comune. Sono i due sogni che ho realizzato. Non mi posso proprio lamentare di Fabio. Sono contenta, collabora, impegni permettendo. Per alcuni compiti ci alterniamo ma, naturalmente, quando deve allenarsi per i tornei, a ridosso delle date poi, spetta a me affrontare tutto il carico, come è giusto che sia”.

I soldi nel mondo del tennis

Nella seconda parte dell’intervista, la vincitrice degli US Open 2015 in finale contro Roberta Vinci si sofferma sul lato economico del tennis.

Nello sport che ho praticato, a differenza di altre discipline come il calcio, o l’automobilismo, non c’è un team che ti sostiene, finanzia, programma. Sei solo. Paghi tu gli allenatori, trasferte, medici, affitti. Sei imprenditore di te stesso. Mio padre e Fabio spingono per il ritorno? Ci scherzano su ambedue. Ma è soltanto un gioco. Non tornerò all’agonismo.

Ho detto stop. Non ho smesso perché ero rimasta incinta, come scrive qualcuno. Avevo già deciso un anno prima, quando non ho sentito più in me la cattiveria necessaria a realizzare grandi cose. A un certo punto si è spenta. Per cui mi è rimasto soltanto il peso di comunicare al mondo che non avrei gareggiato più. Non è stato facile, anche se non provo rimpianti o nostalgie di sorta. Ho chiuso per sempre quella porta”.

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