Lo US Open 2024 è entrato nel vivo e il nostro Jannik Sinner sta fornendo ampie tematiche per parlare di campo conducendo un grandissimo torneo. Tuttavia, continua a far discutere il caso relativo alla (fortuita) positività al doping del tirolese (Clostebol), riscontrata durante il Masters 1000 di Indian Wells ed emersa alla vigilia dell’ultimo slam stagionale.
Caso Sinner-Doping, l’accusa di Simona Halep
Nel dettaglio, nelle ultime ore, hanno avuto forte risonanza le dichiarazioni di una tennista che ben conosce l’argomento ma che, al contempo, anziché dedicare parole di solidarietà al giovane azzurro per la bufera mediatica in cui è finito, ha preferito denunciare una presunta disparità di trattamento dei casi. Ci riferiamo a Simona Halep.
La rumena – lo ricordiamo – era stata squalificata per quattro anni nel settembre del 2023 per aver assunto il Roxadustat, un inibitore della prolil-idrossilasi HIF che aumenta la produzione endogena di eritropoietina e stimola la produzione di emoglobina e globuli rossi. Poi la sospensione è stata ridotta a 9 mesi poiché la due volte campionessa slam ha dimostrato di aver assunto il farmaco in maniera accidentale.
“Non credo si tratti semplicemente di difesa. Penso che sia qualcosa di molto chiaro ed evidente. È stato giudicato in modo totalmente diverso, ho sofferto molto“, ha affermato Halep in un’intervista concessa ai media del suo paese.
“Io ho aspettato a lungo, non mi sembra giusto. Credo che tutti gli atleti debbano avere lo stesso giudizio ed essere trattati allo stesso modo, indipendentemente dal fatto che siano numero 1 o 200“, ha poi sottolineato, prima di concludere dicendo: “Non credo sia giusto quello che è successo. È un argomento che vorrei lasciarmi alle spalle e andare avanti, perché la vita è bella”.
Effettivamente, in attesa di avere un sentenza definitiva, la rumena è stata costretta ad un anno e mezzo lontano dai campi, mentre l’azzurro ha dovuto osservare solo poche giornate di stop prima di essere dichiarato innocente e cavarsela con la ‘sola’ sottrazione di punti e montepremi accumulati in California. Ma si può parlare davvero di disparità di trattamento?
Sinner, Halep e il caso doping: nessuna disparità di trattamento, ecco perché
Facciamo una premessa doverosa: chiaramente, per un giocatore blasonato può risultare più facile affrontare determinate situazioni rispetto ad un giocatore che gravita in zone meno nobili della classifica. Il numero uno al mondo, infatti, ha sicuramente molte più risorse per sostenere le spese legali e difendersi nel miglior modo possibile, proprio come avviene negli ambiti estranei allo sport e nella vita di tutti i giorni tra le diverse fasce della popolazione. Ma se c’è un principio al quale possono affidarsi tutti è che il ranking non incide sull’integrità di come viene gestita la situazione e gli organi preposti agiscono tenendo conto soltanto degli elementi che gli vengono presentati.
Quindi la risposta è “no, non c’è alcuna disparità di trattamento”. E la conferma viene offerta da due aspetti cruciali. Innanzitutto, Sinner è riuscito a dimostrare la sua innocenza in maniera molto più tempestiva rispetto alla Halep, come ha prontamente sottolineato Darren Cahill – ex coach della rumena e attualmente membro dello staff dell’azzurro – in una recente intervista. E anche il discorso riguardante una sentenza ‘soft’ legata alla posizione di Jannik nel ranking mondiale non ha alcun fondamento. Lo dimostra che due dei tre periti chiamati a giudicare l’altoatesino non erano neanche a conoscenza dell’identità dell’imputato.
Insomma, come spesso ci troviamo a ripetere negli ultimi giorni, il caso Sinner è un caso molto semplice e limpido, attorno al quale non vi sarebbe bisogno di tutto questo clamore mediatico. Capiamo bene che parlarne in modo controverso serve a farsi pubblicità – vedi anche Kyrgios – ma forse alcuni personaggi farebbero meglio a trovare altre strade per promuovere la propria immagine o rilanciarla.
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