Schietto, diretto, proiettato al futuro: è Daniele Silvestre, noto esponente della nuova generazione di coach italiani. Il classe ’82 di Latina, reduce dall’esperienza vincente al fianco di Liudmila Samsonova (numero 20 Wta) ed ex allenatore di Camila Giorgi e Federico Gaio, è intervenuto ai nostri microfoni per una lunga e interessante chiacchierata.
Dopo aver spaziato tra femminile e maschile, tra passato e presente, tra circuito maggiore e Challenger, ne è uscita una lucida analisi a 360° della situazione attuale del tennis mondiale, con tanto di previsioni su “quello che verrà”. Di seguito l’intervista.
A tu per tu con Daniele Silvestre
Salve Daniele, inizierei dal circuito che più ha frequentato recentemente. Che ne pensa del ritorno della Wta in Cina dopo il caso Peng?
“Si torna in Cina per questioni di soldi e sponsor, è evidente. La Wta è messa male, ha problemi seri in questo momento. Ad iniziare dai montepremi, che sono un quarto rispetto a quelli degli uomini. Dei pochi spettatori non ne parliamo proprio… ho visto le Finals e c’erano cinque persone in tribuna”.
Eppure il 2022 del tennis femminile è stato avvincente…
“A volte la gente dice che il livello del circuito femminile è basso, ma è una convinzione sbagliata che deriva dall’assenza del grande nome. La verità è che il livello non è basso, bensì omogeneo. Ce ne sono tante brave e questa dovrebbe essere una cosa interessante, perché in poche settimane può cambiare tutto”.
Più o meno quello che avverrà nel maschile quando si ritireranno Djokovic e Nadal
“Ne stanno arrivando tanti di giovani bravi. Potrei sbagliarmi, perché poi abbiamo visto quello che ha fatto quest’anno. Ma credo che nel 2023 Nadal faticherà parecchio a tenere il passo. Ho seri dubbi che possa finire l’anno tra i primi due o tre al mondo”.
“Giorgi ha una mentalità vincente, Samsonova potenziale top-10”
Camila Giorgi e Liudmila Samsonova: due grandi talenti.
“Sono due talenti diversi, ma importanti”.
Cosa mi dice di Camila?
“La Giorgi era proiettata a stare tra le prime cinque al mondo. L’esperienza assieme è stata molto positiva. Ricordo quando ha battuto dodici delle primi quindici al mondo, gente come Sharapova, Azarenka, Wozniacki, Radwanska. Ha inanellato vittorie contro giocatrici di un livello superiore di quello che poi è riuscita a raggiungere. Ciò che apprezzo di lei è la mentalità vincente, il non soffrire mai di timori reverenziali. Un po’ il contrario di Ruud potremmo dire. Il norvegese ha fatto una stagione incredibile. Giocare a quei livelli, sul veloce indoor, per lui che ha un’indole un più da terra rossa… Però c’è da dire che quando incontra gente come Nadal o Djokovic, al di là del livello di tennis che riesce ad esprimere, soffre con la testa, come abbiamo visto anche alle Finals. Giorgi, ad esempio, non ha mai vissuto qualcosa del genere. È una qualità che hanno in pochi”.
E cosa mi dice invece della Samsonova?
“Liudmila ha il potenziale per entrare tra le prime dieci al mondo. Come tutti ha degli up and down, credo siano dovuti a fattori emotivi”.
“Mettersi sempre in discussione, fermarsi mai”
Di cosa va più orgoglioso del lavoro svolto finora?
“Sono soddisfatto perché sento che riesco a tirar fuori le qualità migliori dai giocatori che alleno. E poi mi riconosco il merito di aver capito che la base del futuro del tennis è creare un team attorno al giocatore o alla giocatrice. Non si può pensare di lavorare senza un preparatore atletico, ad esempio”.
Un coach come può migliorare se stesso?
“Mettendosi sempre in discussione. Credo sia la mia qualità migliore. Non sono uno di quelli che crede di avere la ragione nelle proprie tasche. Sono uno che si confronta, si aggiorna, studia, ascolta i colleghi. Questo perché ritengo che il tennis abbia un’evoluzione talmente rapida e costante che non si può mai pensare di aver trovato la strada definitiva. Se mi chiedessi se adesso sono lo stesso coach che ha seguito la Giorgi, risponderei ‘assolutamente no’. All’epoca ero acerbo, avevo un decimo delle conoscenze che ho ora, non avevo ancora girato il circuito, non avevo creato ancora il confronto con gli altri allenatori. Oggi mi sento un coach migliore, ma questo è tutto legato alle conoscenze che si acquisiscono col tempo. Non è possibile fermarsi”.
L‘aumento dei montepremi nel circuito Challenger è un’ottima notizia, non crede?
“Si, ma l’unica cosa da fare resta quella di riuscire a compiere subito quel salto in Atp. Il circuito Challenger è stato, e in parte lo è ancora, la morte di parecchi giocatori, nonostante l’altissima competitività. È un circuito che conosco bene. L’ho navigato per anni”.
Quali sono le principali difficoltà?
“Una su tutte, quella economica. Faccio un esempio: se un giocatore va all’estero per un mese, portando con se il proprio allenatore, rischia di andare sotto con le spese anche se fa quarti e semifinali. Ho lavorato con Federico Gaio e sostengo che se le stesse vittorie che ha ottenuto nei Challenger le avesse ottenute in Atp sarebbe stato ancora tra i primi cento. Ricordo che riuscì a conquistare il Challenger di Bangkok battendo Istomin, Robin Haase e poi in finale Jiri Vesely, che la settimana dopo vinse un Atp 250… E ti dico un’altra cosa: non è un caso che tanti giocatori che magari hanno faticato a livello Challenger, danno via al proprio exploit dopo aver conseguito un ottimo risultato a livello Atp. Hanno semplicemente incassato quei soldi che gli permettono di investire su se stessi. Tra Challenger e Atp c’è una differenza molto sottile in termini di livello, ma purtroppo molto profonda in termini economici e di punti. Faccio un’affermazione forte: in Atp è più facile rimanerci che entrarci”.
Cambiamo argomento, anzi pianeta. Il 2022 sarà ricordato come l’anno dell’addio di Roger Federer
“Per me lui è stato il giocatore più elegante, più bello da vedere. Analizzando la carriera, però, mi vien da dire che è un fenomeno nato nell’era dei mostri sacri. Ad esempio, Nadal è stato la sua bestia nera per diversi anni, poi Djokovic, Murray… quattro numeri uno al mondo contemporaneamente. E questo è un discorso che vale anche per gli altri ovviamente. Si pensi un Murray quanto avrebbe meritato di essere il numero uno per più tempo. Soprattutto considerato che lo sono stati, con tutto il rispetto, Safin, Ferrero, Moya, Kuerten. Tornando a Federer dico che aveva grandi doti a livello fisico e tecnico, ma qualche dote in meno a livello mentale. Ha perso diverse partite che gli avrebbero cambiato la carriera”.
Wimbledon 2019…
“Sì, ma anche la finale con Nadal a Roma nel 2006 ed altre due o tre. Certe vittorie avrebbero reso la sua carriera ancora più incredibile. Però, vabbè, parliamo di uno che sta al tennis come Michael Jordan sta al basket”.
Djokovic tornerà numero 1?
“Ho seguito cosa ha passato in questo 2022 molto da vicino. Si è qualificato alle Finals con pochissimi tornei e le ha vinte. Se lo lasciano giocare, è il numero 1. Senza nulla togliere ad Alcaraz…”.
“Sinner-Vagnozzi? Sono fiducioso. Jannik può diventare il nuovo Djokovic”
Che ne pensa della scelta di Sinner di affidarsi a Simone Vagnozzi?
“Vagnozzi è un amico, e lo reputo uno di quegli allenatori giovani ma esperti. Con Cecchinato e Travaglia ha ottenuto ottimi risultati. Poi, adesso, ha portato con sé nel team di Sinner anche Umberto Ferrara, bravo preparatore con cui ho lavorato anche io. Sono molto fiducioso sul loro percorso. L’unica cosa che deve trovare Jannik è la continuità a livello fisico”.
C’è da preoccuparsi per i continui infortuni di Sinner?
“Non credo. Secondo me, Jannik si sta semplicemente scontrando con il peso di un’attività molto intensa, e dunque comincia ad avere qualche piccolo acciacco. Credo sia più una questione dovuta a un approccio intensivo al circuito, non un problema fisico suo. Ci può stare all’inizio del percorso. C’è da considerare anche che Sinner ha una lunga carriera avanti e deve cercare di preservarsi. Nell’ultimo periodo ha faticato un po’ mentalmente, ma è umano: non è mai facile entrare in campo sapendo di avere problemi fisici. Bisogna ricordare che la forza mentale è tanto legata alla condizione fisica”.
In termini di classifica, quali crede che saranno le gerarchie nel 2023 tra Sinner, Berrettini e Musetti?
“Dico Jannik sicuramente primo. Poi bisogna vedere quali saranno le condizioni di Matteo, un bravissimo ragazzo che però è abbastanza sfortunato fisicamente. Gioca meno di tutti gli altri, ma ha sempre dimostrato una grandissima forza mentale. Lorenzo ha fatto un balzo enorme, come personalità e maturità. Gioca in modo diverso dagli altri, e questa secondo me è una qualità incredibile. Parlavamo di Federer… ecco Lorenzo è così, ha inventiva. Darà molto fastidio alla nuova generazione di ‘sparapalle’, chiamiamola così. In sintesi possiamo dire che Musetti può essere la ‘novità’, e l’ha già dimostrato attestandosi a ridosso dei primi venti. Sinner è il futuro: se avrà una crescita fisica adeguata, potrà diventare il nuovo Djokovic”.
A cura di Giuseppe Canetti
© RIPRODUZIONE CONSENTITA PREVIA CITAZIONE DELLA FONTE
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