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Qualcuno salvi il soldato Medvedev, ormai sull’orlo di una crisi di nervi
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Daniil Medvedev negli ultimi tempi è irriconoscibile. Dopo la sconfitta contro Dominic Thiem in semifinale agli Us Open – dove, dopo l’uscita di scena di Djokovic era considerato il favorito numero uno – il russo ha inanellato una serie di brutte figure, condite dalla netta sensazione di un giocatore caratterialmente alla sbando.

L’ultima doccia fredda è arrivata a San Pietroburgo, dove era chiamato a difendere il titolo conquistato lo scorso anno in finale contro Borna Coric. Ebbene, quest’anno il numero sei del mondo – da poco superato in classifica dal suo arcirivale Stefanos Tsitsipas – non è andato oltre un sofferto successo al primo turno contro Richard Gasquet, per poi essere eliminato agli ottavi da Reilly Opelka.

Dopo aver vinto il primo set con un doppio break ai danni del gigante americano, infatti, Medvedev si è disunito e non è più riuscito a trovare varchi contro il servizio devastante dell’avversario. Che, a sua volta, è stato invece bravissimo a procurarsi le occasioni in entrambe le frazioni successiva e concretizzarle anche con una certa classe (nel video qui sotto la splendida volée con cui ha chiuso il secondo set).

Il finale (2-6, 7-5, 6-4 per Opelka) condanna così Medvedev alla quarta sconfitta nelle ultime cinque partite. Se ad Amburgo e Parigi c’era l’attenuante dell’odiata terra rossa (che poi, se uno vuole dominare il mondo non può uscire al primo turno al Roland Garros per quattro anni consecutivi), sul veloce indoor del torneo di casa le scuse stanno a zero.

La verità è che Daniil sta vivendo un periodo di forte involuzione tecnica e tattica (fatica a trovare soluzioni di gioco alternative), unite da una evidente incapacità di gestire mentalmente i momenti di difficoltà. E’ sempre stato il suo limite principale, ma ora rischia di diventare un aspetto che potrebbe incrinare definitivamente i sogni di gloria di un tennista che, a 24 anni, è chiamato al definitivo salto di qualità, anche da questo punto di vista.

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